Ormai i rumor sono diventati realtà: LinkedIn sta per lanciare la sua versione delle “stories”, partendo prima di tutto da una versione dedicata agli studenti universitari americani, chiamata “Student Voices”.
Prima di andare a vedere nello specifico le peculiarità dello strumento, le sue implicazioni e soprattutto i motivi che hanno spinto LinkedIn a lanciare sul mercato questa feature, andiamo a ripercorrere brevemente la “storia delle stories” sui Social Media.
La storia delle “stories” sui Social Media
Tutto nacque nel “lontano” 2013 con la prima comparsa delle storie su Snapchat, che consentiva (e consente) agli utenti della propria rete di inviare messaggi di testo, foto e video visualizzabili solo per 24 ore.
Il successo di questa feature fu impressionante: a partire da maggio 2015, gli utenti dell’app inviavano 2.000.000.000 di video al giorno, a Novembre, invece, la quota era già salita a 6.000.000.000.
L’impatto fu talmente rilevante, specialmente tra Millennials e Z Generation, che il gruppo Facebook (Facebook, Messenger, Instagram e Whatsapp), preoccupato per la crescente popolarità del mezzo, prima provò a comprare Snapchat per 3 miliardi di dollari e, siccome non ci riuscì, allora cercò di copiare il concorrente.
Come?
Lanciando su Instagram la propria versione delle storie, ovvero foto e dirette che si eliminano dopo 24 ore. Proprio come Snapchat.
L’anno successivo, nel 2017, non contenti, fecero arrivare le storie (o funzionalità simili) anche su Whatsapp, Messenger e Facebook.
Microsoft, con Skype, non rimase a guardare e introdusse nel giugno 2017 anche la propria versione delle storie, gli “Skype Highlights”, ritirata, poi l’anno successivo.
Infine anche Google nel novembre 2017 rilasciò la propria versione delle storie su Youtube, però questa volta con specifiche caratteristiche.
Ecco un’infografica riassuntiva di Fastory:
Ad oggi ecco alcuni dati sulle storie su tutte le piattaforme:
- Snapchat, Instagram Stories e gli Status di Whatsapp vengono utilizzati quotidianamente da più di 450 milioni di persone
- Il 35,5% usa le IG Stories, il 19,7% Snapchat e Facebook, 10,5 Messenger e il 7,9% Whatsapp Status
- I settori più coinvolti su Instagram sono: il fitness (73%), il fashion (70%) e il retail (56%)
- Le storie più popolari su Instagram hanno come contenuto il merchandising
Le storie su LinkedIn – Student Voices
A questi social, ora, si aggiunge anche LinkedIn con la propria versione delle storie. Ed ecco la prima versione dedicata agli studenti universitari, le Student Voices, confermata da Isha Patel a TechCrunch: “Campus playlists are a new video feature that we’re currently rolling out to college students in the US. As we know, students love to use video to capture moments so we’ve created this new product to help them connect with one another around shared experiences on campus to help create a sense of community.”
Cosa prevedono queste storie?
- Condivisione di video (non foto)
- Durata dei video tra i 30 e i 45 secondi
- Il video viene poi pubblicato sulle Campus Playlist
- Il contenuto scompare dopo una settimana dalle playlist
- Il contenuto rimane però visibile nella sezione “Attività recenti” sul profilo LinkedIn degli studenti
Ecco una preview da Techcrunch:
Il perché delle Storie su LinkedIn
Secondo Techcrunch il motivo che ha spinto LinkedIn alla creazione delle storie dedicate agli studenti è la volontà di far condividere le esperienze accademiche come gli internship o i progetti di classe per aumentare il proprio personal brand, attraverso la crescita del network personale per prepararsi, poi, alla carriera lavorativa.
Questa è la versione ufficiale. Andiamo a vedere nel dettaglio cosa ha spinto LinkedIn a percorrere questa strada.
Student Voices: la vera esigenza di LinkedIn
Il vero motivo delle storie di LinkedIn è l’appello alle generazioni più giovani ad utilizzare il social professionale per eccellenza, visto che ancora poco presenti sulla piattaforma ( i numeri nell’ultimo paragrafo). In questa direzione vanno infatti le prossime implementazioni sul social come le GIF nei commenti, la condivisione della geolocalizzazione nei messaggi o i bottoni-reaction stile Facebook (like, cla, insightful, hmm e support).
Acquisisce molto senso a senso, sotto quest’ottica, la volontà di LinkedIn di cavalcare l’onda delle storie per aumentare il grado di accesso giornaliero al social e ringiovanire la propria fanbase.
Ci sono due grandi “MA” a riguardo delle storie, dei giovani e di LinkedIn.
Vediamoli insieme.
Perché le Student Voices potrebbero non funzionare su LinkedIn
Chi ha “inventato” le storie su LinkedIn forse potrebbe aver dimenticato la cosa più importante: questa feature nasce per mostrare dei contenuti con una data di scadenza con una cura del contenuto volutamente poco professionale, in modo tale da non preoccuparsi della propria reputazione.
Per come è stata pensata su LinkedIn, però, sembra che le storie debbano essere un’appendice del personal branding degli studenti, e visibili fino ad una settimana sulle playlist accademiche, quindi andrebbero in una direzione opposta alle caratteristiche che ne hanno decretato il successo.
Perché gli studenti non utilizzano LinkedIn
Partiamo dai numeri.
Secondo Omnicore solo il 13% della fascia d’età 15-34 è presente su LinkedIn. Niente di straordinario visto che la maggior parte di loro sono ancora studenti e non lavoratori e LinkedIn è un Social Media professionale.
Si può anche capire, però, la preoccupazione del board di LinkedIn, perché tutti gli altri Social sono nati con degli early adopters che erano studenti delle superiori o delle università, che, poi, con il passare del tempo hanno decretato il successo del singolo social in termini engagement e di investimenti pubblicitari.
E’ una questione di ciclo di vita del prodotto.
Questa logica, però, non combacia con il business di LinkedIn, che nasce per mettere in relazioni i professionisti di tutto il mondo.
Come mai gli studenti non utilizzano LinkedIn?
Secondo Natalie Riso, Content Marketing Strategist at Studio71 eThree-Time Linkedin Top Voice, i motivi potrebbero essere questi:
- Il basso livello di Instant Gratification per la lenta crescita dei contatti rispetto agli altri Social
- La difficoltà nel capire quale potrebbe essere il linguaggio corretto per un Social non personale bensì professionale
- La difficoltà nel capire come creare e mantenere relazioni non strettamente personali
Dal mio punto di vista le ragioni potrebbero essere legate sia alla natura del Social, adatto alla vita professionale e non a quella privata, ma anche a come è stata concepita la logica della compilazione del profilo, molto più orientata (ad oggi) ad un lavoratore che ad uno studente.
In futuro vedremo come si evolverà il tutto. Rimango ad oggi scettico sull’introduzione di questo tipo di “storie” su LinkedIn.